Il Ricatto del cantiere.

26.05.2012 19:17

Il ricatto del cantiere, quando le cifre non corrispondono

 

Molti portano la barca in cantiere per lavori di

Manutenzione dopo essersi fatti fare un

Preventivo scritto,ma poi,quando vanno a

Pagare,le cifre richieste sono molto diverse e la

Logica è “ niente soldi,niente barca “

                                 Di Gianni Muzzi

I cantieri manutentori non hanno una grande reputazione, questo in parte perché, pagare, fa sempre male e colui che fa pagare, difficilmente è visto di buon occhio, ma anche perché, spesso, specialmente quei cantieri che si trovano dentro i marina, quelli comodi da raggiungere, si approfittano della loro posizione dominante sul territorio e di quando in quando, fanno qualche sgambetto ai loro clienti.
Le redazioni dei giornali sono piene di lettere ed e-mail di persone che si lamentano perché hanno portato la loro barca in cantiere per fare un lavoretto da poche centinaia di euro e ne sono usciti dopo averne pagato cifre molto più alte. Per vederci un po' più chiaro,sollecitati dai nostri lettori, ci siamo dati da fare e siamo andati a indagare.


I fatti
Ettore è un ingegnere aeronautico, da sempre appassionato di vela, ma per sua stessa ammissione poco pratico dei lavori di bordo. Ettore, due anni fa, ha portato il suo Oceanis 390 nel cantiere del marina dove tiene la barca, in Liguria. Gli filtrava acqua da un oblò non apribile, di quelli fatti di plexiglass e incollati allo scafo. Il preventivo della riparazione ammontava a 600 euro, cifra non esigua, ma che Ettore ha valutato accettabile. Dopo due mesi, è tornato a prendere la barca e il conto che gli è stato presentato era di 1.400 euro. Lui si è opposto, ha protestato, si è infuriato con il capo cantiere, ma non c’è stato nulla da fare, se non pagava il conto la barca rimaneva a secco sull’invaso.

L’unica cosa che ha ottenuto è stato uno “sconto” di 150 euro. Alla fine, per rientrare in possesso della barca,ha dovuto pagare.

A Fabio, medico fiorentino, è accaduto qualcosa di molto simile. Fabio doveva cambiare la boccola dell’asse del motore e, prima di fare il lavoro, è andato a fare un giro di cantieri e si è fatto fare dei preventivi. Un cantiere chiedeva circa il 30 per cento in meno di un altro. Fabio non ha avuto

dubbi e si è rivolto a questo, peccato che, poi, il conto è stato oltre il doppio del preventivo.

Le nostre domande

Noi siamo tornati in entrambi i cantieri e abbiamo fatto un po’ di domande. In entrambi i casi, i responsabili delle strutture, sono stati estremamente gentili, anche se molto diffidenti.

Nel caso di Ettore ci hanno spiegato che sì, il preventivo era di 600 euro, ma quando loro hanno iniziato a lavorare, il tempo era molto brutto e per prevenire delle infiltrazioni d’acqua che si sarebbero sicuramente verificate se avessero fatto i lavori con la barca in acqua, sono stati costretti ad alare l’imbarcazione. Una volta alata la barca e messa in capannone, è scattato il costo dell’alaggio, del rimessaggio e del varo.

Abbiamo domandato perchè il nostro lettore non fosse stato avvertito di tutto ciò, e la risposta

è stata che difficilmente loro avvertono qualcuno:“lei capisce, staremmo tutto il giorno fermi ad aspettare le risposte dei clienti”. Quando abbiamo obiettato che, a naso, la cosa non era proprio legale, ci hanno fatto notare che sulla nota d’ordine, regolarmente firmata da Ettore, in fondo c’era scritto (con caratteri lillipuziani) che il cantiere era autorizzato a fare tutto il necessario per poter portare a compimento l’ordine. Nel caso di Fabio, invece, quando il cantiere ha alzato la barca per sostituire la boccola, si è reso conto che l’asse era storto e lo ha sostituito anche questa volta senza darne preavviso al cliente.

Il ricatto

A quel punto abbiamo parlato con i nostri esperti legali che ci hanno detto che entrambe le storie non avrebbero avuto le gambe lunghe in tribunale. In entrambi i casi, il comportamento del cantiere era molto discutibile anche se è vero che i lavori erano stati effettivamente fatti e che in particolare,

nel caso di Fabio, l’aggravio di spesa era da imputarsi alla sostituzione di un pezzo indispensabile per poter portare a termine l’incarico ricevuto. I nostri due lettori,d’istinto hanno pensato di non pagare il conto e di rivedersi con il cantiere in tribunale, ma poi hanno scoperto che, si, si poteva fare causa, ma sino al termine di questa,la barca sarebbe rimasta li dove era.

Il diritto di ritenzione

Sia Fabio che Ettore, quando hanno protestato per l’innalzamento del prezzo del lavoro da loro richiesto, senza che essi ne fossero stati preventivamente avvertiti, si sono trovati davanti al fatto che se non avessero pagato il conto,le rispettive barche non sarebbero tornate in acqua e sarebbero

rimaste nel cantiere sino a quando, un giusto processo,non avesse determinato chi aveva ragione, loro o i cantieri.

In pratica, i cantieri si sono appellati all’articolo 2756 del codice civile . Questo, determina che chi compie dei lavori, in buona fede, su un bene mobile, avendo il bene presso la propria struttura, è autorizzato a trattenerlo e, al bisogno, anche a venderlo, se il legittimo proprietario del bene non gli paga quanto dovuto.

Volgarmente, questo si chiama “diritto di ritenzione”. Logicamente, ci si può rifiutare di pagare e si può ricorrere ad un magistrato o, come avviene solitamente, vista l’esiguità delle somme in gioco,

a un giudice di pace, ma i cantieri giocano sul fatto che nessuno di noi, per poche centinaia di euro di differenza,rinuncerà a fare le vacanze.

Pericolo acquisto

Il diritto di ritenzione dei cantieri è particolarmente pericoloso quando parliamo di compravendite di barche. Può succedere, infatti, che dopo aver acquistato una barca nello stato di fatto in cui si trova, la si vada a ritirare in cantiere e qui si trovi un bel conto da pagare lasciato dal vecchio

proprietario. In questo caso il cantiere non ha colpa,lui i lavori li ha fatti e questi vanno pagati e noi siamo a tutti gli effetti i nuovi proprietari, quindi rispondiamo dei debiti gravanti sulla barca. Anche in questo caso, se vogliamola barca in acqua per partire per le nostre sudate vacanze,dovremo pagare, salvo poi rifarci su chi ci ha venduto l’imbarcazione.

Precauzioni

L’unico modo vero per difendersi, ma che spesso non è realizzabile, è quello di non portare la barca in cantiere, ne consegnare a questo le chiavi. Infatti l’articolo 2756 è applicabile per i beni mobili che si trovano nelle strutture del cantiere o che a questo sono stati affidati. Se gli operai del cantiere, invece, vengono a fare i lavori richiesti sulla nostra barca quando questa è nel nostro ormeggio e siamo noi o chi per noi ad aprire e chiudere la barca, il cantiere non avrà nessuna possibilità di appellarsi a questo articolo.

Quando, invece, siamo costretti a portare la barca in cantiere perché deve essere alata o perché i lavori necessari hanno bisogno di attrezzature non trasportabili sul molo,dovremo aggiungere alla nota d’ordine, che il cantiere ci fa sempre firmare, una postilla dove diciamo che questo non è autorizzato ad effettuare alcun lavoro che comporti un aggravio di spesa senza la nostra autorizzazione scritta.

Chiaramente, poi, dovremo chiedere copia della nota d’ordine e dovremo farcela siglare e timbrare dal cantiere. Questa piccola precauzione non ci salverà dalla possibilità di vederci presentare un conto non preventivato, ma agirà da deterrente nei confronti del cantiere.

Nel caso della compravendita, invece, la soluzione è più semplice: prima di firmare il passaggio di proprietà e pagare la barca, meglio fare una visita in cantiere e chiedere una dichiarazione che sulla barca non insistono debiti pregressi. Basta una semplice nota scritta sulla carta intestata

del cantiere e firmata da chi lo rappresenta.

Se scopriamo, invece, che ci sono conti da saldare, dovremo chiedere al venditore di provvedere al saldo o di accettare la decurtazione del debito dalla somma che gli dobbiamo,prima di firmare l’atto di vendita e pagarlo.

Articolo 2756 c.c.

Crediti per prestazioni e spese di conservazione e miglioramento. I crediti per le prestazioni e le spese relative alla conservazione o al miglioramento di beni mobili hanno privilegio sui beni stessi, purché questi si trovino ancora presso chi ha fatto le prestazioni  o le spese.

Il privilegio ha effetto anche in pregiudizio dei terzi che hanno diritti sulla cosa, qualora chi ha fatto le prestazioni o le spese sia stato in buona fede.

Il creditore può ritenere la cosa soggetta al privilegio finché non è soddisfatto del suo credito e può anche venderla secondo le norme stabilite per la vendita del pegno.

 

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